Nelle vostre tiepide case
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un si o per un no
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vouti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d'inverno.
Meditate questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi:
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa
La malattia vi impedisca
I vostri nati torcano il viso da voi.
(Primo Levi)
(Primo Levi)
Con questi versi si apre il libro Se questo è un uomo in cui l'autore, Primo Levi, esprime tutta la rabbia nei confronti di coloro che vogliono negare e nascondere la verità su quello che accadde ad Auschwitz e negli altri campi di concentramento durante la Seconda Guerra Mondiale.
Se questo è un uomo può essere considerato una delle opere più alte che sia mai stata scritta come testimonianza dell'Olocausto, in cui Primo Levi cerca di testimoniare l'intestimoniabile e di dare un senso all'esperienza irreale vissuta durante la prigionia nel campo di concentramento di Auschwitz.
Libro che lessi per la prima volta quasi per dovere scolastico e che rilessi poi per scelta in età adulta. Dopo quella rilettura mi promisi di voler vedere con i miei occhi quei luoghi.
L'occasione, cercata da anni, si è presentata quando finalmente riuscii ad organizzare il viaggio a Cracovia con lo scopo primo di andare a vedere proprio quei luoghi raccontati nel libro.
Varcando l'ingresso del campo di concentramento di Auschwitz (Oswiecim in polacco) un brivido mi ha percorso tutto il corpo al solo pensiero di dove stavo andando e per la consapevolezza di quello che qui era accaduto.
Arbeit macht frei (in tedesco "Il lavoro rende liberi") è la scritta che sovrasta il cancello d'ingresso di questo come di altri campi di concentramento. Parole che col passare del tempo hanno assunto un valore simbolico, riassumendo in maniera beffarda le menzogne sui campi di concentramento, nei quali le condizioni di vita disumane, i lavori forzati dei prigionieri e di sovente il loro destino finale di morte, contrastavano con il significato opposto espresso dal motto stesso.
Entrando invece nel Lager di Birkenau (Auschwitz II) mi ha colpito una profonda angoscia. Chiamato La Fabbrica della Morte, il campo venne costruito col fine specifico dello sterminio. Si fa veramente fatica anche solo ad immaginare ciò che avvenne in questo luogo. Le sofferenze ed umiliazioni che migliaia di esseri umani dovettero affrontare e cercare di superare per tentare di sopravvivere ad un orrore infinito!
Nell'appendice del libro Se questo è un uomo, Levi racconta di essere ritornato ad Auschwitz nel 1965 e di aver varcato l'ingresso di Birkenau assieme ad un'amica superstite di quel campo. La donna gli fece notare che dalla finestrella di una baracca si vedevano le rovine del crematorio. Al tempo della prigionia da quella stessa finestrella si vedeva la fiamma in cima alla ciminiera. Lei aveva chiesto alle anziane cosa fosse, e gli risposero: "Siamo noi che bruciamo".
Voglio concludere questo post con una frase di Primo Levi che per me vuol essere anche un insegnamento di vita. Alla domanda: A quali fattori attribuisce il fatto di essere sopravvissuto? Levi rispose:
"...E forse ha giocato infine anche la volontà, che ho tenacemente conservata,
di riconoscere sempre, anche nei giorni più scuri,
nei miei compagni e in me stesso, degli uomini e non delle cose,
e di sottrarmi così a quella totale umiliazione e demoralizzazione
che conduceva molti al naufragio spirituale".
(Primo Levi)
(Primo Levi)
NEVER FORGET!
Mai dimenticare. Complimenti per il sito. Lo stiamo piano piano leggendo. Un saluto. dueingiro.blogspot.it
RispondiEliminaTutti dovrebbero vedere questi luoghi, per non dimenticare mai. Grazie per i complimenti e per essere passati dal mio blog. Buona lettura. Complimenti anche al vostro sito. Un saluto.
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